L’arte vista da vicino #6: Le caricature di Tiepolo
Il personaggio protagonista di questa caricatura indossa il tipico travestimento carnevalesco veneziano del Settecento noto come bautta, che nella sua foggia più comune comprendeva mantello nero, cappuccio, maschera bianca dal naso prominente tagliata a metà del volto e tricorno sul capo. Giambattista Tiepolo ha declinato questa invenzione in diversi fogli di caricature, dove si ritrova sempre, come qui, il particolare del manicotto di pelliccia. 
Il carattere caricato qui è sottile, la presenza della maschera nega addirittura un’identità al volto del personaggio e la comicità scaturisce dal contrasto tra l’eccessivo rigonfiamento del corto mantello che accentua la corpulenza della figura e l’esilità degli arti inferiori, dalla peculiare incurvatura. 
 
La maschera nega l’identità al volto del personaggio e la comicità scaturisce dal contrasto tra l’eccessivo rigonfiamento del mantello che accentua la corpulenza della figura e l’esilità degli arti inferiori, incurvati in modo peculiare.
Nel “gran teatro di Giambattista” la maschera diventa il suo anti-eroe perché esibisce, “in una dimensione spettacolare, la realtà dei bisogni primari, corporali, connessi essenzialmente con il cibo: mangiare, evacuare, dormire”.
Invece che raffigurare persone precise, Giambattista Tiepolo disegna maschere in carne e ossa con l’intento di mostrare che esiste anche una bellezza della deformità.
 
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